Editoriale – numero 80 – anno 2021

La progressiva attuazione della campagna vaccinale in tutta Europa e negli Stati Uniti sta in qualche modo favorendo l’ottimismo per il futuro anche nel settore industriale. Le aziende coinvolte in questo settore, in ogni caso, non si erano mai fermate, se non nei primi mesi della pandemia, e questo ha fatto sì che proprio il settore industriale fungesse da traino per la grande ripresa del terzo e quarto trimestre del 2020. Una ripresa che, ovviamente, non è bastata a compensare il calo del fatturato, della produzione e degli ordini: secondo le statistiche di Cecimo, l’Associazione europea delle aziende produttrici di macchine utensili, la produzione nel 2020 è scesa del 26%, ritornando all’incirca ai valori del 2009-2010, punto più basso della crisi finanziaria dello scorso decennio. Se a questo dato si aggiunge che un calo della produzione di macchine utensili si era già registrato nel corso del 2019, si può estrapolarne, con una convinzione motivata di non deviare eccessivamente dalla realtà, che, al di là della crisi pandemica, la contrazione della produzione, già in atto, sia in parte dovuta alla conclusione della fase espansiva di un ciclo economico. E’, infatti, molto probabile che gli effetti della pandemia e del blocco di molte attività si siano fatti sentire in misura più marginale sul settore industriale che su altri settori dell’economia, maggiormente rivolti al consumatore.

Da segnalare, in modo particolare, il balzo nella domanda dell’Italia nel quarto trimestre, con un sensazionale +347% negli ordini rispetto allo stesso periodo del 2019. Una crescita improvvisa, seguita a una rapida discesa nel terzo trimestre, che non ha evitato un -28% nell’anno. 

Quello che sarà nei prossimi mesi, dipende in parte dall’andamento dell’emergenza sanitaria, ma soltanto in parte: se è vero, come è vero, che il settore industriale è meno coinvolto dalle misure di contenimento e quindi risente di meno sul piano dell’andamento, la crescita nei prossimi mesi sarà sicuramente tale da permettere un ritorno ai livelli di fine 2018 negli ordini e nella produzione, ma potrebbe anche rappresentare l’inizio di un nuovo ciclo economico, forse più breve di quello precedente, durato poco oltre i dieci anni. Se così sarà, dopo un’impennata tra il 2021 e il 2022, potremo aspettarci un periodo di sostanziale stabilità o addirittura una lieve contrazione fino al 2023.

E’ anche vero, però, che l’efficacia dei modelli statistici in presenza di una situazione quale quella attuale, il cui ultimo precedente è di un secolo fa, non è così acclarata: la ripresa nei consumi, da una parte, e la lentezza delle immunizzazioni nei paesi in grande crescita possono rappresentare fattori discriminanti che, in questo momento, non siamo in grado di valutare correttamente.

Per adesso, salutiamo con entusiasmo la probabile riapertura delle fiere in presenza, a partire da Made in Steel e da Emo, in autunno. Sarà un po’ come svegliarsi da un lungo sonno e ci perdonerete se, incontrandoci negli stand, ci guarderemo l’un l’altro come si guardano i sopravvissuti.