Un manifesto per l’industria dell’acciaio
A Made in Steel il mondo dell’acciaio italiano si trova e si parla. Per una volta, la concorrenza lascia spazio alla visione comune e al lavoro di squadra. Uno dei vecchi cavalli di battaglia del patron Emanuele Morandi – “nel mercato di oggi non ha senso parlare dell’acciaio di Cremona o di Bergamo e nemmeno dell’acciaio italiano, ma dell’acciaio europeo” – torna in scena sin dal primo giorno di fiera, quando nel convegno di apertura lo stesso Morandi chiama a raccolta tutte le associazioni del mondo dell’acciaio: “Mi rivolgo non soltanto a Federacciai e ad Assofermet, ma anche a tutte le altre importanti associazioni di categoria, Assofond, AIM, Centro Inox, Fondazione Promozione Acciai, Ricrea e tutte le altre associazioni dell’utilizzo perché secondo me è importante non tanto la partecipazione ai capitali di Made in Steel quanto la partecipazione a momenti di riflessione che ci mettano insieme”.
In quest’ottica va anche il convegno finale, che prende il nome dal tema della fiera, Steel Human, in cui il mondo dell’acciaio propone un manifesto per la politica, in particolare rivolto a tutti i candidati al Parlamento Europeo e durante il quale una tavola rotonda vede confrontarsi alcuni tra i maggiori produttori di acciaio d’Italia e del mondo: Antonio Marcegaglia, presidente Gruppo Marcegaglia, Alessandro Trivillin, AD di Gruppo Danieli, e Alessandro Banzato, presidente Federacciai e AD di Acciaierie Venete, intervistati da Andrea Cabrini, direttore di Class CNBC.
Nella sua introduzione alla conferenza finale, ancora una volta Emanuele Morandi ha posto l’accento sulla collaborazione e spirito di squadra: “Anche se sei grande e forte, senza la squadra e la collaborazione le partite non si vincono. Servirebbe più collaborazione anche tra le associazioni che compongono la nostra filiera, anche se pure il termine filiera è troppo vecchio, va allargata, perché a farla da padroni sono le piattaforme, quindi le filiere si devono allargare anche a collaborazioni più ampie, con gli istituti di credito, i centri di ricerca, le Università e anche la politica che in questo momento manca”.
Da queste considerazioni, maturate in due anni di impegno nella moderna Made in Steel e condivise con tutti gli attori, è nata l’idea di un manifesto, principalmente rivolto alla politica, ma indirizzato a tutte le parti in causa, come linea guida di un percorso fatto di sviluppo composto da quattro pietre miliari.
Le quattro tesi per un manifesto europeo dell’acciaio partono dal presupposto che l’acciaio è la base per la manifattura e che la stessa manifattura sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo, per creare lavoro e benessere. L’acciaio e le tecnologie sono importanti, ma restano uno strumento creato dall’uomo per il suo sostentamento e il suo benessere: in questo ragionamento entrano i grandi temi dell’ambiente e della sostenibilità.
Ancora Morandi: “Le piattaforme hanno un senso se riusciamo a parlare con il mercato: se sono i dati a fare la differenza e se la differenza la fa la relazione con il mercato, allora sempre più il nostro cliente deve diventare il nostro partner, il mercato quindi si trasforma da luogo di scontro a luogo di relazioni”.
Ecco i quattro punti del manifesto:
1. Difendere e rilanciare il progetto europeo: c’è più bisogno di Europa ma questa Europa è in pericolo. Il mondo si sta polarizzando tra la grande potenza cinese, gli Stati Uniti e alcuni emergenti come la Russia, quindi l’Europa deve essere coesa e in grado di presentarsi unitariamente alle sfide del mercato.
2. Ricostruire l’Europa: non solo sul piano umano e della coesione, ma anche nella sua dimensione umana, infrastrutturale e soprattutto formativa. Una nazione che non studia, non può crescere.
3. Innovazione e sostenibilità: solo un acciaio innovativo e sostenibile può rappresentare un motore di crescita.
4. Centralità dell’uomo: cultura e formazione come primo investimento sui giovani, serve un grande piano per rifondare tutto il percorso di istruzione, dalla scuola primaria all’Università. Serve un’Europa più colta per non ridurre la complessità al banale, che è semplice, ma per analizzare e comprendere fino in fondo la complessità.
Alla fine del suo intervento, Morandi annuncia una serie di tavoli di cui faranno parte tutte le associazioni di filiera e di piattaforma per dare il loro contributo alla crescita del settore, dell’Italia e dell’Europa.
E’ toccato invece ad Andrea Cabrini, direttore di Class CNBC, stuzzicare i tre maggiori manager dei tre colossi italiani dell’acciaio, Banzato, Trivillin e Marcegaglia, aiutato anche dalle domande dirette dalla platea tramite messaggio.
La prima domanda, d’obbligo, è sulla fiera e sulla situazione generale del mercato. Per Alessandro Banzato “il mercato in questo periodo è un po’ più riflessivo e un andamento della fiera generalmente positivo si inserisce in un quadro confuso, a partire dalla Brexit per arrivare alla questione dei dazi americani”; secondo Marcegaglia “l’elemento dominante di questi ultimi mesi, un po’ ovunque, è l’incertezza perché alla fine i soldi, pur essendoci, non girano, non creano positività. Negli ultimi tempi mi pare di capire che il sentiment degli addetti ai lavori sia più negativo della realtà: a una più attenta analisi tutti ammettono che i volumi di fatturato rispetto all’anno scorso sono almeno uguali, se non superiori. Certo, l’incertezza è un tema, ma non mi sentirei di parlare di crisi”; per Trivillin “rispetto all’anno scorso c’è qualche margine in meno, ma l’anno scorso è stato ottimo, quest’anno non ci potevamo aspettare lo stesso volume. Certo, l’orizzonte è più limitato, ma ormai a questo siamo abituati”.
Una visione che anche Marcegaglia conferma: “Certo, il portafoglio ordini si è ridotto, dobbiamo essere più pronti, più reattivi, ma complessivamente i prezzi di oggi in Europa sono i più bassi del mondo e sono destinati a riequilibrarsi nel prossimo futuro”.
“Quasi tutti i produttori quest’anno sono su un -2%, 3%, ma non siamo nella situazione del 2008-2009, tutt’altro, certo se l’anno scorso si avevano ordini per sei mesi, ora si guarda ai due mesi successivi e nulla più. – conferma Banzato -; per quanto riguarda il mercato, la chiusura di quello americano ha deviato molte quantità sull’Europa: la clausola di salvaguardia ha funzionato relativamente bene, poi c’è la questione della Turchia, sia su prodotti piani, sia su prodotti lunghi, tipo tondi per cemento armato e vergella, ci sono stati spostamenti di prodotti destinati ad altri mercati”.
Marcegaglia punta l’obiettivo sulla competizione europea: “Per ora c’è un problema di riallineamento delle scorte che però presto dovrebbe essere risolto. Anche il settore automotive entro poco tempo dovrebbe aumentare gli ordinativi, riequilibrando una concorrenza un po’ accesa”.
E’ Alessandro Trivillin a parlare apertamente di regolazione del mercato: “Sono tradizionalmente favorevole al mercato libero ma, visti alcuni recenti fenomeni di dumping, credo che un intervento regolatore del legislatore sia auspicabile. Credo che questa situazione di dazi e salvaguardia possa durare ancora per qualche semestre, ma dobbiamo trovare al nostro interno le risorse per la competizione”.
Sulle differenti posizioni tra gli operatori su alcune materie di regolazione del mercato, l’opinione è comunque comune: “Se siamo una filiera, dobbiamo avere la forza per superare le divergenze e trovare una posizione comune”, afferma Banzato, sostenuto da Marcegaglia per cui “stiamo parlando di un caso in cui l’interesse è di filiera e non del singolo, per quanto riguarda la salvaguardia sono favorevole purché siano misure volte alla stabilizzazione dei flussi e non alla chiusura, sul modello americano. L’Europa ha un ruolo importante, al di là dei volumi, per lo sviluppo e la qualità dei materiali, quindi sicuramente come Italia, settimo produttore e settimo esportatore mondiale, non possiamo abdicare al nostro ruolo in Europa. Certamente ci sono dei costi sia produttivi, come per esempio per l’energia, sia per la salvaguardia dell’ambiente che ci mettono in una posizione delicata che dobbiamo gestire adeguatamente, su questo per me stiamo troppo trascurando il mercato domestico per il quale ritorna il discorso infrastrutturale”.
“Dall’Europa ci aspettiamo che ci sia la volontà di vedere l’acciaio come driver di sviluppo – afferma Trivillin -, anche perché senza economia, senza industria non si possono fare politiche sociali. Fino a poco tempo fa avevamo l’impressione che l’acciaio fosse considerato quasi un nemico, qualcosa da fare produrre lontano, ora invece il sentiment sta cambiando e stiamo tornando ad essere considerati una risorsa, non solo economica, ma anche produttiva”.
Parlando di energia, Banzato sottolinea la necessità di avere “in Italia il prezzo dell’energia almeno pari a quello dei competitor europei, se non è possibile che sia minore. Siamo comunque in un momento in cui già la Brexit genera incognite, sia doganali sia su quali saranno i comportamenti da parte degli operatori britannici che opereranno con regole diverse rispetto a quelle europee: già ora, per esempio, chiedono prestiti allo Stato per operazioni sul territorio europeo, cosa che a qualunque altra azienda con sede in EU non è consentita”.
L’innovazione è una grandissima sfida, ma può creare discontinuità. Per Alessandro Trivillin “l’innovazione degli ultimi anni non è disruptive. Certamente non vedo l’innovazione dell’industria 4.0 come un cambiamento epocale, ma come un processo che va perseguito poco a poco. Adesso la tecnologia permette operazioni che prima erano magari già eseguite, ma dall’uomo in tempi più lunghi: è un modo più evoluto per soddisfare esigenze presenze da anni”.
A Made in Steel Acciaierie Venete ha presentato un innovativo stabilimento: “Ha innovazioni tecnologiche – afferma Banzato – che permettono di offrire un prodotto di qualità assolutamente superiore rispetto a quello che si poteva produrre con le tecnologie di venti anni fa”.
La visione di Marcegaglia fa ancora un passo avanti: “C’è un’innovazione di prodotto che nasce da un’innovazione di processo, ma credo che la vera sfida della digitalizzazione sia di più ampio respiro, cioè governare un’interazione tra dati che all’interno dei processi aziendali e all’esterno di questi, nelle relazioni con clienti e fornitori, possa portare a una maggiore efficienza e versatilità, nella qualità e nei processi, anche per esempio nelle consegne. Innovazione parte dai processi, si traduce in prodotto, ma deve diventare un fattore culturale che le aziende possano fattorizzare nell’offerta ai clienti”.
Una delle maggiori difficoltà nella filiera dell’acciaio nasce dalle problematiche dell’automotive: molto dipenderà da quando sarà conclusa la riconversione degli impianti produttivi verso le nuove forme di power unit e su quale delle possibilità si orienteranno i produttori, a quel punto è prevedibile una ripresa degli ordinativi. Potrebbe però presentarsi il caso in cui gli ordini non risalgano ai livelli degli anni precedenti, perché è possibile che non risalgano ai livelli precedenti gli ordinativi di vetture.
Per Trivillin, però, “il cambiamento fa parte dell’evoluzione. Già una volta si effettuò un cambiamento epocale nei sistemi di trasporto, dal cavallo all’auto e già allora si temevano perdite enormi e si voleva per questo boicottare l’avvento dell’automobile”.
Quello che serve, però, è chiarezza: “Se ho una preoccupazione nel contesto economico – afferma Marcegaglia – è sulla capacità dell’Italia di fare quel che serve, passo dopo passo, nell’emanare le leggi adeguate al momento e nel fare meno dichiarazioni e più fatti”. Per quanto concerne le infrastrutture “il fatto che dello sbloccacantieri si parli da così tanto tempo, ma non si faccia nulla in realtà, senza rendersi conto del fatto che le infrastrutture sono fondamentali per le aziende, non solo nel comparto dell’acciaio, significa che non abbiamo la prospettiva corretta, in Italia” è la stoccata di Alessandro Trivillin che coglie al volo l’assist fornito dallo stesso Marcegaglia.
Un ultima battuta sul ruolo dell’uomo nell’acciaio. La sintesi perfetta è quella di Marcegaglia: “Senza le persone di qualità, adeguatamente formate, non è possibile lo sviluppo dell’azienda”. “Chi fa acciaio, non può pensare di competere esclusivamente sulle macchine. Bisogna rendersi più attraenti e mostrare alle persone che potrebbero lavorare nel settore gli aspetti più attrattivi”, aggiunge Trivillin.
In conclusione, su cosa si giocherà il 2019 per l’Italia dell’acciaio? Per Banzato “sulla competitività delle aziende italiane, caratteristica peculiare del nostro tessuto imprenditoriale”, per Marcegaglia tre parole secche: “Accessibilità, agilità, reattività”. “flessibilità organizzativa ed economica, cioè capacità di reagire al mercato con l’innovazione e non soltanto con il prezzo, e reattività” gli fa eco Trivillin.